lunedì 29 ottobre 2012

La risorsa bistrattata


Da quasi 40 anni in Italia è stato riconosciuto alla persona con disabilità il diritto a non essere istituzionalizzato.

Una visione così lungimirante da anticipare di gran lunga la stessa convenzione ONU che ha sancito i diritti delle persone con disabilità.

Eppure non possiamo non renderci conto del fatto che  questa visione culturale che considerava l’uomo, la PERSONA, nella sua individualità di essere vivente non scindibile dalla generalità delle relazioni sociali, è troppo spesso rimasta su carta. L'approccio istituzionale all'individuo con disabilità rimane a tutt'oggi prioritariamente incanalato nella sua condizione patologica, arrivando a parlare di "socializzazione" come di una prescrizione terapeutica.

I servizi assistenziali che avrebbero dovuto sostenere e supportare la permanenza della persona con disabilità nel proprio domicilio, tra i propri affetti ed i propri interessi, hanno continuato ad operare secondo una logica residuale, ossia attivando un minimo intervento solamente quando il nucleo familiare mostra di non essere più adeguato al supporto della persona con disabilità. Un supporto che, troppo frequentemente, continua a seguire modalità istituzionalizzanti (allontanamento, raggruppamento e ghettizzazione di persone con disabilità in situazioni lontane dall’ambiente elettivo della persona stessa, dai legami affettivi e/o dai personali interessi).

Questo è uno dei più grossi ostacoli che una persona con disabilità grave o gravissima e la sua famiglia si trovano ad affrontare: da parte istituzionale esiste solo un formale riconoscimento del contesto familiare, percepito ed esaminato come fosse anch’esso alterato dalla patologia, piuttosto che apportatore di risorse.

Anche laddove alle famiglie viene accreditato l’apporto di quei saperi e buone prassi che hanno imparato nella gestione del proprio congiunto, di fatto la strutturazione ed il coordinamento dell’assistenza e della gestione assistenziale viene delegata a figure specialistiche esterne.

E’ come se il consulente specializzato alla quale un'azienda si rivolge per ottimizzare la propria produzione e ridurre le perdite,  rimuovesse l’imprenditore o i dirigenti per appropriarsi dell’intera amministrazione, secondo una logica massificante.

Eppure l’obbiettivo cruciale dell’inclusione delle persone con disabilità è stato individuato: la salvaguardia dei propri legami affettivi.

Il forzato sradicamento di chiunque dal proprio ambiente produce l’alienazione e la compromissione dell’energia vitale della persona, a maggior ragione se la persona è già connotata da una propria fragilità dovuta a limitazioni fisiche, cognitive e/o psicologiche.

Ma c’è di più: anche in una visione puramente economico/produttiva l’allontanamento ed il relegare un problema in luoghi separati, non solo produce un rafforzamento ed un'esasperazione delle condizioni patologiche,  ma riduce fino ad eliminarli gli elementi evolutivi di una rete sociale che trae dall’adattamento alle criticità le energie per progredire.

Senza considerare l’alto costo, non ammortizzabile a livello territoriale, che comporta l’istituzionalizzazione.

Per questo appare indispensabile individuare nella rete familiare la prioritaria risorsa per garantire il rispetto dei diritti di vita e di dignità della persona con disabilità.






1 commento:

  1. una società che non si prende cura dei più fragili e bisognosi... siano essi bambini.. anziani.. disabili.. etc. ... non è degna di chiamarsi UMANA ! ... altro che civile!

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