domenica 3 dicembre 2023

CAREGIVER FAMILIARI. VITE CHE CURANO VITE

 Bellissimo podcast  tutto da ascoltare di Chiara Ludovisi

 

https://www.spreaker.com/show/il-podcast-di-chiara-ludovisi?fbclid=IwAR2UT-jZyhqgSa4q-3FEz91j_zU5pcVd2ns01nS-hLlBYWM4tNsB2-5-EUg

 
 
 
 Si prendono cura da una vita e per la vita: si prendono cura sempre, anche quando sono loro ad avere bisogno di cure. Si prendono cura quando è festa, perché dove c’è bisogno di cura, la festa non esiste e le ferie nemmeno si sa cosa siano. E così finisce, tante volte, che si ammalino. O che vivano di meno. A volte la vita se la tolgono, dopo averla tolta a chi, senza di loro, non potrebbe vivere. Ed è allora che, per qualche giorno, si parla di loro. Molti di più sono però quelli che amano vivere, nonostante le rinunce e la fatica, ma comunque la loro vita si accorcia. Secondo uno studio della premio Nobel Elizabeth Blackburn, vivono dai 9 ai 17 anni meno della media nazionale.

Sono circa 9 milioni in Italia, eppure sono così invisibili da non avere neanche un nome: lo prendono in prestito dagli anglosassoni e si chiamano caregiver familiari.

Il podcast nasce per dare voce a queste vite quasi sempre nascoste, silenziose, sconosciute, facendosi strumento non solo di conoscenza e di narrazione, ma anche di riscatto e di rivendicazione sociale. E permettendo ai caregiver familiari – ancora oggi privi di tutele, di diritti, di una legge nazionale - di raccontare la propria quotidianità, fatta di incombenze, ma anche di competenze, di paure ma anche di gioie, di battaglie e di vittorie, oltre che di fatiche e di preoccupazioni.

Ogni puntata è dedicata al racconto autobiografico di un caregiver, o di una caregiver: c'è Nicola, ormai anziano, che da più di 40 anni trascorre ogni minuto della sua giornata con un figlio gravemente autistico, percorrendo chilometri di strada a bordo della loro auto, tra le montagne e la costa della Calabria. C'è Sara, che vive chiusa in casa, da sola con suo figlio gravemente disabile, pronta a intervenire ogni volta che arriva, all'improvviso, una “crisi brutta”, una di quelle capaci di portarselo via, in un batter d'occhio. E per strapparlo, ogni volta, alla morte. E poi c'è Elena, che da quasi 30 anni combatte per i diritti di suo figlio e per lui ha lasciato tutto, perfino la sua amata Roma, inseguendo il sogno di un cohousing per quando lei non ci sarà più. Ma che oggi è condannata a pagare 300 milioni per una causa durata 27 anni.

Ogni nome è una storia a cui spesso è difficile credere: storie piene di sacrifici, di dedizione, di rinunce e di fatiche. Storie non di martiri e nemmeno di eroi, ma di uomini e donne di cui il nostro Paese non potrebbe fare a meno, perché prendersi cura di persone con gravi disabilità è un impegno che, oltretutto, costa. “Tenendo i nostri figli a casa, anziché ricoverarli in struttura, facciamo risparmiare bei soldini allo Stato”, osserva Nicola. Eppure, ancora oggi, i caregiver familiari, nel nostro Paese, non sono riconosciuti, né tutelati. Una legge non c'è: se ne parla da anni, ma non c'è. Mentre loro, i caregiver, per fortuna ci sono.

Un podcast di Chiara Ludovisi, realizzato grazie all'indispensabile contributo dei caregiver familiari.
Musiche libere da diritti. Attribuzione non richiesta

venerdì 2 giugno 2023

NON E' LA PARENTELA A RENDERE TALE IL CAREGIVER FAMILIARE



 

Essere il parente convivente di una persona non autosufficiente rende caregiver familiari?
Secondo un certo leitmotiv che sta prendendo sempre più piede pare di sì.
Io invece dico no.
NO.
Non è la parentela che rende caregiver familiare.
È ciò che ho ribadito recentemente ad un interlocutore istituzionale che parlava di noi “mamme” che, come nessun altro, siamo capaci di capire ed interpretare ciò che fa stare bene i nostri figli.
Una frase ad effetto che mi viene rifilata sempre, quando espongo nei dettagli le esigenze assistenziali che mio figlio non è in grado di esporre.

Lui strilla, s’incacchia…balbetta una serie di parole incomprensibili e poi, sconfitto mi chiama, perché sa bene che chi non lo conosce nemmeno proverà a capire cosa sta cercando di comunicare!
Ma la sapete qual è la verità?
Non è vero: noi mamme non abbiamo nessun “dono”!
I familiari non hanno poteri taumaturgici che fanno capire le esigenze, le scelte, le emozioni di chi non è in grado di manifestarli compiutamente.
Anzi…morte di fatica come siamo, è già tanto se riusciamo anche a spiegare e tradurre le esigenze di chi amiamo ad altre persone, poco desiderose di capire e rispettare chi ha gravi disabilità.
Ciò che rende un famigliare capace di assistere e curare come nessun altro il proprio congiunto non autosufficiente, ha un solo nome: la Continuità Assistenziale.
Perché il punto è che il ruolo di caregiving del familiare si sostanzia in qualcosa che altrimenti non viene, purtroppo, mai garantito: una stabilità di presenza che permette d’imparare – imparare – a conoscere la persona non autosufficiente e ad aiutarla in maniera altamente personalizzata.
Occorre finalmente arrivare, nell’Italia del 2023, alla profonda consapevolezza che l’aiuto, il supporto è tale solo se è totalmente adattato alla persona che lo riceve, altrimenti non si chiama aiuto, si chiama mansionario aziendale.

Sì, lo so: a livello teorico è tutto un declamare l’”individualizzazione” di ogni intervento socio-sanitario… ma nella pratica non può esistere alcuna personalizzazione di alcun tipo d’intervento se non viene garantita una stabilità assistenziale.
Per questo l’unica risposta istituzionale dello Stato verso le persone non autosufficienti diventa l’istituzionalizzazione.
Non perché esiste una stabilità di cura reale, ma perché nella cultura burocratico/statale ancora legata a vecchi schemi ospedalieri, viene scambiata la “stabilità dell’assistenza” con la stabilità formalizzata di luoghi (muri) e figure dirigenziali.
Peccato che questo, per la persona non autosufficiente, si traduce troppo spesso in una totale perdita della libertà ed un’esistenza contraddistinta nel vivere in funzione dell’organizzazione ospitante, ovvero esattamente il contrario di cura e assistenza individualizzata.
Quindi quale alternativa rimane ad una persona non autosufficiente che vuole restare libero e vuole trascorrere una vita degna di essere chiamata tale?
Il caregiver familiare.

Io spero che a questo punto sia chiaro il concetto: il caregiver familiare svolge un ruolo che lo Stato Italiano non vuole assumersi.
Ovvero garantire la stabilità assistenziale che permette di personalizzare l’assistenza rendendola tale.
E, prima di affrontare il nodo dei sostegni al caregiver familiare, vorrei che fosse chiaro anche il fatto che uno Stato istituzionalizzante come l’Italia (sì, sì…lo so: l’Italia era famosa per la sua deistituzionalizzazione, per l’integrazione/inclusione. Era. Stiamo tornando indietro a passo spedito: non ve ne siete accorti?), che tende ad investire soprattutto sui muri e cancelli istituzionalizzanti, non sta risparmiando: sta sprecando i pochi fondi che ha, perché per quanto cerchi di stipare gente dentro i muri, saranno sempre in netta minoranza rispetto a quelli che restano, e vogliono restare, fuori dai muri.
Quindi sarebbe proprio ora che nel 2023 lo Stato Italiano si desse una svegliata e cominciasse ad investire soprattutto dove ha sempre predicato: sul supporto FUORI dai muri.
Ed il supporto fuori dai muri si chiama Stabilità Assistenziale.

La Stabilità Assistenziale non può, e non deve, essere garantita solo dal caregiver familiare, perché non è legittimo, e nemmeno lungimirante, chiedere ad una persona di assumersi l’onere totale di un’assistenza che, per esempio, dentro i “muri istituzionali” viene erogata da almeno una decina di persone.
Il caregiver, spremuto come un limone, finisce per ammalarsi – diventando anch’esso bisognoso di cure – raddoppiando la necessità assistenziale, invece di dimezzarla.
L’unica maniera per dimezzare, e risparmiare (parola che piace tanto alla nostra politica), sull’assistenza, è quella di dare assistenza stabile e personalizzata.
Perché quando un’assistenza è stabile e personalizzata il caregiver può riposarsi, può curarsi, può avere una vita di relazione perché viene realmente sostituito.
Realmente sostituito.

Guardate che questo è il punto nodale: la mamma è sempre la mamma ma l’assistenza di caregiving non coincide con l’essere mamma (figlia, sorella o partner).
Investire in un’equipe in continuità assistenziale che dura ANNI, non mesi, non giorni, significa permettere sia alle persone non autosufficienti che ai loro caregiver familiari di restare liberi.
E perché sia ancora più chiaro, investire su un’equipe stabile significa mettere i soldi lì, in quella stabilità fatta di persone e professionisti, non nei muri.

Chiudo con un’ultima riflessione: l’assistenza personalizzata permette di adeguare le risorse al bisogno.
Sì, lo so: anche questa è una di quelle frasi con cui si riempiono sempre la bocca tutti quanti per poi finire di sparpagliare ogni tipo di risorsa a pioggia!
Magari poco prima di qualche appuntamento elettorale: non c’è nulla di più efficace elettoralmente che sparpagliare risorse a pioggia.
Peccato che DOPO le elezioni i problemi restano tali, ed anzi ci si ritrova spesso con le criticità raddoppiate perché sparpagliare oboli non risolve nessun problema, soprattutto se grave.
Ogni spesa diventa un investimento solo ed unicamente quando c’è alla base una progettazione. Senza un progetto c’è solo spreco.

mercoledì 19 ottobre 2022

LA PROFESSIONALIZZAZIONE DEL CAREGIVER FAMILIARE

 

Insomma, la Regione Lazio fa sapere che hanno istituito dei Corsi professionali per insegnare al caregiver familiare come svolgere una prestazione assistenziale.
 
INSEGNARE
A SVOLGERE
UNA PRESTAZIONE ASSISTENZIALE.
 
Da leggere soffermandosi su ogni parola.
 
Ok, ma in fondo che c'è di male?
 
Quanti familiari si trovano smarriti, da non saper dove mettere le mani, davanti al loro caro quando acquisisce una disabilità?
 
Analizziamo con calma questa osservazione, vi va?
 
C'è una persona che acquisisce una disabilità, alla nascita, in età adulta da anziano...
Prendiamo l'esempio di una demenza, che è una condizione molto diffusa....
Cos'è una demenza?
Clinicamente una demenza è una condizione non stabilizzata.
E' una condizione ingravescente.
E', dunque, una condizione che peggiora giorno dopo giorno, a volte lentamente, a volte in maniera drastica.
Può un corso di nozioni generalizzate sull'assistenza di una patologia preparare, anche solo lontanamente, a questo graduale, ma anche complesso, peggioramento?
 
NO.
 
Non lo può fare nemmeno con chi opera professionalmente.
Tanto è vero che, a livello legislativo, questi pazienti possono essere affidati a professionisti di neo formazione esclusivamente all'interno di un equipe, che possa affiancarli negli interventi appresi in linea teorica.
E quindi?
Cosa sono questi corsi?
A cosa servono?
A "chi" servono?
 
Semplice: servono a ratificare l'ABBANDONO ISTUTUZIONALE delle persone non autosufficienti e dei loro familiari.
 
Una formazione diretta sul proprio familiare, ogni caregiver può riceverla, in maniera realmente efficace, quando viene AFFIANCATO da professionisti nell'assistenza.
affiancato da professionisti di cura, non abbandonato.
 
Professionisti che, ovviamente, siano preparati e conoscono bene la persona che assistono, perché sono in CONTINUITA' DI CURA

 
Eh....ma è proprio questa cosa qua che manca, è proprio questo il contesto di abbandono istituzionale della persona non autosufficiente!
 
Non esiste alcuna continuità di cura, sotto nessun aspetto.
 
Anzi, esiste l'abbandono istituzionale che crea angoscia e smarrimento nel familiare!
 
La persona non autosufficiente viene letteralmente abbandonata al proprio caregiver familiare.
 
Questi Corsi servono esattamente a questo: ad ABBANDONARE la persona non autosufficiente.
 
Ma approfondiamo ancora meglio:
chi è il Caregiver Familiare?
 
E' una persona che fa una Prestazione Assistenziale?
La cura svolta dal caregiver familiare è una Prestazione Lavorativa?
 
Cos'è una Prestazione Lavorativa?
Una prestazione lavorativa è un attività retribuita in un contesto di tutela.
 
Ahhhhh!
 
Ecco....quindi, decisamente, non è una prestazione lavorativa quella del caregiver familiare!!!
 
Non esiste nessuna retribuzione (manco col salario minimo)...
Eh lo so che molti vorrebbero far passare quegli scarni ed indecorosi interventi di sostegno al reddito delle famiglie in condizioni di estrema fragilità, come un "incremento reddituale"!
Ma...mie cari, mi spiace far presente che i bonus, i sussidi, i "cash assistance" non hanno nulla a che vedere con ciò che si definisce reddito: è perfino incostituzionale considerarli "incrementi reddituali" se non si vuole totalmente sovvertire il fondamento dell'Uguaglianza su cui è basato ogni Stato di Diritto che, proprio su questa base colma lo svantaggio dei cittadini in condizioni di fragilità erogando supporti assistenziali.
O almeno "dovrebbe"...
 
Ma oltre a questo c'è di più.
 
C'è il fondamento stesso del concetto di lavoro che non può essere in alcun modo essere sovrapposto a quello che viene internazionalmente definita una "condizione di schiavitù ".
 
Il lavoro è un attività che viene svolta in un regime di tutele.
 
Quali sono queste tutele?
 
  • Un orario di lavoro prestabilito che, nelle 24 ore non può superare le 13 ore consecutive (dedotte le PAUSE PASTO), GARANTENDO almeno 11 ore di riposo.  
                                         U N D I C I     O R E     D I      R I P O S O
  •  Ogni 7 giorni, ci devono essere almeno 24 ore consecutive libere, da cumulare alle 11 giornaliere, quindi in totale 35 ore.
  • Il Diritto alla Malattia, ovvero il diritto/dovere di non effettuare alcuna prestazione lavorativa per tutta la prognosi certificata di malattia.
  • La Tutela assicurativa obbligatoria degli infortuni.
Queste sono le tutele di base per individuare una prestazione lavorativa.
Tutto quello che è al di fuori di questo contesto non è una prestazione lavorativa.
 
Quindi il Caregiver Familiare, lo sappiamo bene noi spremuti fino all'ultima goccia di vita, non sta lavorando.
 
E quindi qual è il ruolo di un caregiver familiare?
 
Il volontariato?
Eh...vi piacerebbe!
Invece no, perché in Italia il Volontariato risponde ad un contesto chiarissimo di tutele e di limiti, addirittura ancora più stringente di quello lavorativo, proprio perché in passato tanti furbetti hanno approfittato di condizioni di becero sfruttamento di mano d'opera fatto passare per volontariato!
 
Ma quindi...chi capperi è il Caregiver Familiare?
 
L'ONU - non una robetta qualsiasi, ma l'Organizzazione delle Nazioni Unite - lo definisce una condizione di fragilità che ha bisogno di tutele specifiche assimilabili a quelle del famigliare non autosufficiente che assiste.
 
Quindi no, non è legittimo abbandonare un caregiver familiare, come non è legittimo abbandonare una persona non autosufficiente.
 
Lo si deve affiancare nel suo ruolo di cura, anche attraverso un apprendimento che possa far fronte ad interventi emergenziali sul proprio congiunto.
 
Interventi emergenziali.
 
Quindi non  in sostituzione dell'assistenza.
 
Ma in correlazione all'assistenza.
 
NON una professionalizzazione generalistica ma un Affiancamento Formativo specializzato sul proprio familiare.
 
Perché la condizione di Caregiver Familiare non è una condizione che si sceglie,  come si fa con una professione.

sabato 26 febbraio 2022

PRESA IN CARICO E METODO McDONALD’S DEL PAZIENTE INTENSIVO

PRESA IN CARICO E METODO McDONALD’S DEL PAZIENTE INTENSIVO
 
Una delle caratteristiche principali del Metodo McDonald's è la COARTAZIONE DELL'OFFERTA.
E' semplice capire che significa: basta provare ad entrare in un McDonald's con la voglia di mangiare un bel piatto di spaghetti aglio ed olio o una bistecca alla brace.
Non si può?
Ah...ci sono solo panini con hamburger e patatine?
Ok, però siccome ho la glicemia un po' alta preferirei che il panino fosse integrale e le patate fossero lesse e non fritte.
Ah....nemmeno questo si può?
Vabbè, allora mi adatto al panino con hamburger senza però salsa e aromi fra la carne e l'insalata, e già che ci siamo anche senza l'insalata.
No...non si può.
Al McDonald's puoi solo mangiare quello che altri hanno deciso che devi mangiare: se hai il diabete, problemi cardiaci o allergie...l’offerta non varia.
Però è un’offerta “personalizzata”, sicuro!
Perfettamente personalizzata sui LORO parametri di profitto, non certo sui bisogni dell’acquirente.
E questa, sembra assurdo, è anche la Sanità Esternalizzata ai privati. E funziona così sopratutto se ha a che fare con i malati più gravi: i pazienti intensivi e complessi per la quale “dovrebbe” essere inconcepibile applicare il metodo Mc Donald’s o anche solo immaginarlo.
Eppure lo hanno fatto.
Eppure lo fanno.
Sapete come?
Non ci crederete ma è semplicissimo: basta ridurre il malato ad un manichino.
Ed anzi!
Più si ha a che fare con la fragilità, le condizioni di elevata intensità sanitaria, la complessità di un malato più è FACILE.
Perché un malato del genere è un paziente indifeso, non si può ribellare, non può nemmeno protestare.
Quindi o resta immobile come un manichino, o viene reso immobile e sedato come un manichino, o cade in uno stato di assoggettamento e depressione tale che diventa un manichino.
L’unico ostacolo al metodo McDonald’s è….il caregiver familiare.
Questi caregiver familiari che si ostinano a parlare di rispetto e dignità per i loro congiunti che non vogliono vedere ridotti a manichini!
Questi caregiver familiari che arrivano perfino a ricordare ai vari professionisti il Codice Deontologico Professionale che chiarisce come il “prendersi cura” deve essere svolto “ nel rispetto della dignità, della libertà, dell’eguaglianza, delle sue scelte di vita e concezione di salute e benessere della persona assistita, senza alcuna distinzione sociale, di genere, di orientamento della sessualità, etnica, religiosa e culturale.
Astenendosi da ogni forma di discriminazione e colpevolizzazione!
Questi caregiver familiari che si ostinano a rammentare che nell’ “agire professionale si stabilisce una relazione di cura, utilizzando anche l’ascolto e il dialogo, coinvolgendo, con il consenso dell’interessato, le sue figure di riferimento”.
Che continuano a scrivere dei memo, perfino sottolineandoli, per rammentare che “Il tempo di relazione è tempo di cura”.
Che ricordano ogni volta che occorre prestare “ particolare attenzione alla cura del dolore e del fine vita” ecc ecc.
Sono dei folli, degli illusi!
Non sanno, irrimediabilmente ingenui e visionari nel continuare a scorgere umanità anche in un malato molto grave, che nel metodo Mc Donald’s non esiste il Codice Deontologico per nessuna figura professionale, perché il Metodo Mc Donald’s ottiene il maggior profitto nell’ANONIMIZZAZIONE DEL PERSONALE e nella sistematica e continua ELIMINAZIONE del know how ed elevata competenza perché non produce profitto.
 
Perché il profitto si ottiene nel ridurre le “mansioni” a gesti ripetitivi che permettono immediate sostituzioni di chiunque in un qualsiasi contesto. 
 
Del resto si sa che per curare un manichino basta un'automa.



 


venerdì 11 febbraio 2022

STRAMALEDETTISSIMI HAMBURGER

 

I Mc Donald erano due fratelli geniali che hanno inventato un ottimo sistema per far soldi, tanti soldi.
 
C’è un film, The Founder, che ho visto un paio di volte - ed invito a guardare perché, ovviamente, mi è piaciuto parecchio - dove viene spiegato in maniera semplice ma sufficientemente dettagliata in cosa consiste questo Sistema Crea Soldi: 
 
  •  ottimizzare i tempi al millimetro/secondo,
  •  "mansionalizzare" la gerarchia alienando totalmente la specializzazione del personale,
  •  "coartare l’offerta" in rigidi pacchetti totalmente depersonalizzati.
Una formula vincente in materia di profitto, assolutamente vincente.
 
Fa nulla se poi l’iper produzione di questo sistema alimentare ha aumentato a dismisura le patologie e la mortalità nella popolazione, soprattutto quella più giovane.
 
Si sta parlando di pezzi di carne…
 
solo di maledetti hamburger.
 
Il sistema “Mc Donald’s” è entrato da tempo nel Servizio Sanitario Nazionale, in particolare nelle RSA ma anche in tutti gli interventi che sono stati Esternalizzati ai privati, come le ADI (Assistenze Domiciliari Integrate) che hanno sostituito la produttività alla competenza.
 
Quindi è inutile che in RSA o i ADI si parli di “competenza” e perfino di “demansionamento”: il personale che lavora al McDonald’s è quanto di più simile ad un’automa nella quale s’inseriscono schede di lavoro totalmente intercambiabili.
 
In RSA ed i ADI l’intervento viene schematizzato in pacchetti prestazionali irrigiditi in precisi orari:
  1.  igiene personale 4,37 minuti a paziente
  2. somministrazione terapia 1,48 minuti a paziente
  3.  medicazione decubito 5,18 minuto a paziente 
  4. eccetera eccetera..
Ovviamente questa tempistica precisamente cronometrata è svolta su dei manichini...o, meglio: su dei pazienti ridotti a manichini.
 
Perché il metodo Mc Donald’s prevede che persino i pezzi di carne macinata abbiano tutti la sessa dimensione e composizione, in modo da essere sicuri di fornire una perfetta cottura da un lato all’altro.
 
Pezzi di carne, non persone.
 
E poi c’è il tocco di classe del Sistema Mc Donald’s la depersonalizzazione dell’offerta...ma non potrebbe essere altrimenti, perché queste Società per Azioni sono quanto di più lontano da una Specializzazione Sanitaria, la rifuggono perché l’elevata professionalizzazione dell’intervento richiede, a priori, un investimento iniziale in perdita improponibile su qualsiasi business.
 
Ma la Sanità non si occupa di pezzi di carne, non ha a che fare con degli stramaledettissimi hamburger ma con delle PERSONE.
 
 
 

 

mercoledì 16 giugno 2021

UN PRANZO DA GOURMET

 


Fino a quando NOI CAREGIVER FAMILIARI, zitti e buoni, ci sostituiamo in tutto e per tutto all'assistenza che DOVREBBERO erogare le Aziende profumatamente finanziate da Convenzioni milionarie ed, a testa bassa H24, svolgiamo il lavoro di infermieri con elevate competenze intensive, di medici e riabilitatori permettendo a queste Aziende d'intascare la maggior parte del denaro erogato per l'assistenza dei nostri cari...siamo tollerati.

SIAMO TOLLERATI.

Tollerati in uno sfruttamento che fa impallidire persino quei poveri immigrati di quell'azienda Agricola di Latina, drogati per continuare a lavorare senza sosta nei campi.

Guardiamoci negli occhi: a quanti caregiver familiari la vita di quelle povere persone schiavizzate è familiare?

A me si...è la mia vita da 10 anni.

E' la mia vita da 10 anni.

Quando ho cominciato a protestare la prima cosa che mi è stata detta lo sapete qual è?

"Ma lo sa, signora, quanto costa suo figlio allo Stato?"

Ero troppo stanca e disperata allora per rispondere.

Ora no, ora sono talmente stanca e disperata che VOGLIO rispondere.

Si, so esattamente quanti soldi lo Stato spende GIORNALMENTE per mio figlio.

Purtroppo per Voi lo so,

ESATTAMENTE.

E so ESATTAMENTE che di quei soldi pubblici che OGNI GIORNO lo Stato eroga per l'assistenza di mio figlio nemmeno un quinto arriva a lui.

NEMMENO UN QUINTO.

NEMMENO UN QUINTO.

Non è mio figlio che costa allo Stato: è il Sistema di LUCRO costruito intorno a lui che costa!

E' la CONNIVENZA delle Istituzioni con chi LUCRA sulla pelle dei più deboli che costa tanto allo Stato.

Voglio che i soldi spesi per l'assistenza di mio figlio diventano ASSISTENZA PER MIO FIGLIO.

Non un centesimo di più.


Immaginate di andare a pranzo in un ristorante da gourmet, perché è questo che ha già pagato lo Stato:

UN PRANZO DA GOURMET.

In quel ristorante vi servono solo acqua e pane stantio.

Voi sapete che vostro figlio ha fame e non può aspettare quindi vi alzate, scavalcate il cuoco stravaccato su una poltrona che russa ubriaco, e con quello che trovate in una cucina malconcia gli cucinate qualcosa di commestibile.

Ed è questo che facciamo in maggioranza, pur di sfamare i nostri cari all'inizio ci rimbocchiamo le maniche e cuciniamo da noi, anche se non sappiamo nemmeno riconoscere gli ingredienti e rischiamo di bruciare e perfino d'intossicare i nostri cari mentre cerchiamo d'imparare a fare il mestiere dell'Executive Chef, dello Chef de cuisine, dello Sous Chef, dello Chef de Partie e del Commis..

Troppa roba...tutta insieme...io non ce la faccio!

Io volevo solo dar da mangiare a mio figlio il pranzo che gli era stato promesso, che è già stato pagato: dov'è quel pranzo?

Che fine ha fatto quel pranzo?

A quel punto lo Stato, per bocca dei suoi rappresentanti istituzionali, ti dice: non ti piace il ristorante?

Perfetto sei "libero" di "scegliere" un altro Ristorante MA SOLO - badate bene: MA SOLO - tra questo elenco di ristoranti che abbiamo deciso NOI (su chi sono i "noi" per ora sorvoliamo).

In quell'elenco, molto corto per la verità, ci sono una serie di Ristoranti che si sono AUTOCERTIFICATI come Gourmet.

Allora cominci a guardarti in giro e ti accorgi che il gourmet è SOLO sulla carta.

- NESSUNO di questi ristoranti acquista ingredienti di qualità;

- NESSUNO di questi ristoranti ha un cuoco in grado di selezionare i migliori ingredienti e cucinare pietanze non dico da gourmet ma almeno da buona "trattoria" casareccia.

- NESSUNO di questi ristoranti, una volta che capiscono che sei alla ricerca di un pasto di qualità e non di pane stantio è disposto a servirti da mangiare.

Quindi...secondo voi io COSA dovrei hemmm "scegliere"?

A quel punto non è possibile non chiedersi: ma invece d'imporre a me una scelta PERCHE' diavolo non avete verificato che sti Ristoranti somministrano veramente dei pasti da gourmet?

Non volete credere a noi, malcapitati clienti, alla quale è stato servito del pane stantio a posto di un pranzo da gourmet?

Allora tirate fuori le CARTE, non quelle che ci obbligate a firmare, ma quelle che dimostrano l'acquisto d'ingredienti di PRIMA qualità, quelle che dimostrano le competenze ed il curriculum posseduti dall' Executive Chef, dello Chef de cuisine, dello Sous Chef, dello Chef de Partie e del Commis!

Visto che avete deciso la lista dei ristoranti in base alla LORO AUTOCERTIFICAZIONE controllate SE veramente ciò che hanno autocertificato è vero.

Aaaah si...non si può: questo lo si fa solo con i cittadini, rivoltati come pedalini ogni volta che vi pare...ogni volta chi chiedono un servizio, soprattutto se hanno una disabilità grave: commissioni su commissioni esaminatrici per verificare se, casomai, non hai abbastanza requisiti per accedere a quel servizio.

Autocertificare i requisiti per accedere a un servizio?

Giammai!

L'AUTOCERTIFICAZIONE riguarda solo i potenti.

L'AUTOCERTIFICAZIONE riguarda solo chi LUCRA sulla disabilità.

LA MANUTENZIONE ED I CAREGIVER FAMILIARI


Come tutti sono rimasta molto colpita della tragedia della funivia del Mottarone, ormai questi episodi in Italia sono all'ordine del giorno...

Lo spettacolo che abbiamo in tutta Italia è in questi ultimi anni soprattutto questo: un crollo generalizzato di strade, ponti ed edifici e... si anche di Servizi Sanitari e Sociali, dove uno Stato abdicante ha preferito tagliare proprio sulla manutenzione di beni e risorse giustificandolo con il risparmio.

In economia il risparmio è cosa buona e giusta SE rientra in un SISTEMA di PRODUTTIVITA'.

Cioè SE il controllo della spesa è finalizzata ad investire sul FUTURO.

Perché se manca la componente FUTURO è come mettere i soldi sotto il materasso per poi morirci sopra di avarizia e fame.

La mancanza di manutenzione non ha nulla a che vedere con il risparmio ma, invece, è un perfetto sinonimo di SPRECO.

Perché quando non si ha cura di un bene, lo si lascia esposto all'incuria e/o peggio al malaffare, si sta facendo un bel falò con quel materasso pieno di soldi, alla faccia di qualsiasi investimento in civiltà.

Che c'entra la manutenzione con i caregiver?

C'entra...eccome se c'entra: perchè il caregiver familiare, la rete relazionale rappresentata dalla famiglia è una ricchezza enorme per qualsiasi Stato al mondo

E' il fondamento di qualsiasi Stato e di qualsiasi cività. Nessuna Nazione potrebbe sopravvivere se non fosse per quel legame di cura e di mutua assistenza che nasce con il caregiving familiare.

Ma sfruttare fino all'esaurimento un bene così importante, SENZA creare un SISTEMA DI MANUTENZIONE significa SPRECARLO inutilmente.

E la manutenzione del caregiver è un investimento che non riguarda solo il benessere della persona con disabilità: riguarda soprattutto - e guardate che questo è un punto importantissimo - la creazione di un Sistema di BUONE PRASSI che rappresenta il VERO risparmio per la società.

Quanta fatica sprecata e quanta manutenzione in più ci sarebbe se il familiare caregiver fosse AIUTATO nel suo compito di cura invece che continuamente e costantemente boicottato, contrastato e...abbandonato?


giovedì 13 febbraio 2020

CAREGIVER FAMILIARI: LIMONI SPREMUTI FINO ALL'ULTIMA GOCCIA

Una delle prime cose che s'impara quando si vive con una persona non autosufficiente è quella di stargli vicino di notte perché, a volte, basta stringere una mano per tranquillizzare.
La non autosufficienza non ha un orario d'ufficio e alcune condizioni di non autosufficienza le persone hanno necessità di un maggiore intervento assistenziale soprattutto notturno, perché la notte si acuiscono le condizioni di disagio fisico e psicologico... 
La notte...con i suoi silenzi, con il grigio e il nero che ti circonda, con gli improvvisi allarmi dei macchinari che monitorano le funzioni vitali, con il dolore, le crisi, gli incubi, le ansie, la paura, le ossessioni...la notte è come un vortice che mulinella  inghiottendo tutto e tu - madre, moglie, figlia, sorella - sei l'unico appiglio, l'unico punto fermo, l'unica mano a cui aggrapparsi per non essere inghiottiti.  
Quindi “essere vicino” a portata di mano è la prima "tecnica" che s'impara per garantire una vigilanza notturna. 
La modalità di sonno del famigliare caregiver diventa, per anni ed anni a...intermittenza. 
C'è una prima fase di occhi chiusi e udito al massimo, una fase brevissima di sogno (in cui si sogna il proprio famigliare spesso in pericolo o che ti sta chiamando), seguita da un brusco risveglio accompagnato da ansia e necessità di accertarsi che quello stacco involontario della coscienza non abbia provocato dei danni. 
Questo succede quando la persona non autosufficiente dorme. 
Non sono per nulla rare, però, le nottate che si è costretti a passare totalmente svegli. 
A quel punto il sonno diventa un nemico da sconfiggere...
Ci sono molte "tecniche" che aiutano a lottare contro questo nemico, come quella di bere tanto e NON andare in bagno, il disagio della vescica piena t'impedisce di scivolare nell'oblio. 
Oppure muovere instancabilmente la mandibola (bruxismo, nevragia del trigemino, disturbi alimentari sono tra le patologie più diffuse dei caregiver familiari). 
Adottare posizioni scomode come stare seduti a cavalcioni su una sedia per alleviare un po' il continuo mal di schiena ma non troppo, perché il dolore tiene svegli.
E poi tanti caffè, sigarette, bruscolini...
Il mio personale "record" sono 62 ore continuate così...
Sessantadue ore, non “giorni”...perché la parola "giorno" evoca la continuità tra mattina, sera e notte ma quando non si dorme si diventa inconsapevoli proprio del susseguirsi della luce e il sole... ti ferisce gli occhi.
La privazione del sonno è un metodo di tortura  tra i più diffusi, perché il primo effetto che produce è quello di alterare la percezione deprivando la persona della sua volontà. 
I ricordi si confondono, i significati delle parole vengono declinati in negativo e perfino il respiro subisce delle alterazioni al punto che la voce diventa più stridula e acuta.
Appare evidente come una persona deprivata del sonno diventa un pericolo per se stessa e gli altri.
Ebbene, per lo Stato Italiano questa CONDIZIONE può essere valutata come una "prestazione lavorativa" volontaria o a basso compenso da sfruttare al punto di negare TOTALMENTE la possibilità di erogare assistenza notturna.
Una legge sui Caregiver Familiari dovrebbe, per prima cosa, stanziare dei fondi appositi per GARANTIRE una sicura e dignitosa assistenza notturna alle persone non autosufficienti.

Ricordo che qualche anno fa ero in Ospedale a parlare con un medico con la quale periodicamente mi confrontavo sulle condizioni di mio figlio, in modo da evitargli un traumatico trasporto che lo avrebbe debilitato ulteriormente. 
Quando, a fine colloquio, mi alzai con fatica dalla sedia questo medico mi disse 
“Ma lei signora quando si decide a fare qualcosa? Sa che se va avanti così si uccide?”
Così...diretto senza giri di parole.
L'effetto fu quello di una doccia fredda, rimasi senza fiato e mi accasciai nuovamente sulla sedia.
Dopo un po' balbettai che ero in lista da tempo per un'operazione che continuavo a rimandare e rimandare e rimandare...
Perché...come facevo con mio figlio? A chi avrei potuto lasciarlo? Come sarebbe stato senza me? E poi...come avrei fatto dopo, durante la convalescenza in cui io stessa avrei avuto bisogno di essere accudita....non potevo...
“Signora, se va avanti così muore”.
Fu allora che tutto è diventato chiaro, terribilmente e crudelmente chiaro.
La mia condizione di caregiver familiare mi aveva fatto perdere la salute.
PERDERE LA SALUTE.
Una non si rende conto di cos'è la salute fino a quando non l'ha persa.
Solo allora comprendi che la Salute è il patrimonio più importante che hai
Più importante di qualsiasi bene, più importante del lavoro,  più importante della casa, più importante della famiglia, più importante dei figli...già, perché accanto a un figlio ci puoi restare solo se non muori. 
Se muori il figlio resta solo.
E' semplice come può esserlo solo la verità.
Il caregiver comincia a perdere la salute sin dal suo primo incontro con la disabilità del famigliare. 
Perché è inutile girarci intorno: la disabilità di chi si ama è un trauma devastante come la guerra, come il terremoto. 
E da un trauma non si esce indenni, spazzolandosi le spalle dalla polvere come fanno i super eroi. 
Ci piacerebbe, ce lo raccontiamo perfino auto convincendoci che siamo “tosti”, siamo “gente in gamba”, ce lo diciamo allo specchio ogni mattina: “e chi ci uccide a noi?”
E andiamo avanti così, passando di trauma in trauma, senza renderci conto che c'è qualcosa che ci sta già uccidendo: la progressiva perdita della salute.
La diamo per scontata la Salute...esattamente come fanno le Istituzioni con noi: ci danno per scontati.
Non siamo più persone ma limoni da spremere fino a che abbiamo del succo.
Però a un certo punto il succo finisce e non ritorna più.
Non ritorna più.

La disabilità non bussa alla porta, la butta giù. 
Spesso l'urto è talmente violento che butta giù anche gran parte del muro portante.
Questi danni strutturali profondi creano una condizione unica che non può essere ignorata o non essere “messa in sicurezza” dalle istituzioni preposte.
Sento spesso affrontare la “questione” dei caregiver familiari paragonando il loro ruolo a quello dei professionisti che lavorano in ambiti di cura delle persone con disabilità.
E' vero: visti da lontano sono contesti molto “simili”, soprattutto se il professionista svolge il suo lavoro con una buona dose di empatia oltre la competenza.
Ma i due ruoli non sono in alcun modo coincidenti proprio per la diversa CONDIZIONE SANITARIA.
Il famigliare caregiver ha una fragilità sanitaria a prescindere dal contesto più o meno favorevole in cui opera per una ragione semplicissima: non stacca MAI.
Perfino quando dorme è immerso in una condizione a elevato stress psico-fisico.
La parola inglese “STRESS” indica una forte pressione deformante su qualcosa. 
Non sempre questa pressione è totalmente negativa, a volte “strizzare” qualcosa può essere anche un'esperienza positiva: la stretta prolungata di un abbraccio, una decisa stretta di mano, un pizzicotto sulla guancia paffuta di un bimbo. 
Queste “strizzate” mettono addirittura allegria e sapete perché? 
Perché durano un tempo limitato.
Perché c'è un inizio e una fine. 
Si può anche ricominciare, e lo si può fare all'infinito: ma tra l'una e l'altra strizzata c'è un intervallo.
C'è un ormone nel nostro corpo che si attiva proprio quando c'è la “strizzata”, si chiama "cortilosolo". 
Ed è proprio misurando periodicamente la sua concentrazione che si può rilevare una condizione di stress a elevato rischio per la salute.
In alcune professioni molto al limite il cortisolo resta concentrato a lungo anche dopo l'”orario di lavoro”. 
Infatti la legislazione di ogni Nazione Civile prevede dei periodici controlli sanitari per evitare che il cortisolo avveleni il sangue provocando la morte dell'individuo. 
Si perché...non ve l'ho detto? 
Il cortisolo a elevata concentrazione provoca patologie mortali.
Ecco...quando la disabilità sfascia la porta di casa lesionando il muro portante inonda l'ambiente di cortisolo che si appiccica addosso a tutta la famiglia come una seconda pelle.
Ecco perché il professionista che lavora con la disabilità non può esser IN ALCUN MODO paragonato al caregiver familiare: perché lui indossa il camice a inizio turno e se lo toglie a fine turno.
Il familiare caregiver invece non si può strappare via la pelle di dosso: è uno STATUS DI FRAGILITA' SANITARIA PERENNE.


TABELLA RIASSUNTIVA DELLE PATOLOGIE CORRELATE ALLA CONDIZIONE DI CAREGIVER FAMILIARE

DEPRIVAZIONE DEL SONNO:
demenza precoce
disturbi psichiatrici
aumento di tendenze suicide
obesità e diabete
infarto
infertilità
malformazioni fetali

SFORZI MOVIMENTAZIONE DA CARICHI
Dolori cronici
ernie e artrosi della colonna
deformazioni e degenerazioni muscolo scheletriche degli arti

CONTINUE CONDIZIONI DI EMERGENZA E STRESS
Post.Traumatic Stress Disorder
disturbi dell'umore
ABA – disturbi alimentari
Neoplasie
Disturbi cardiovascolari
Ipertensione
Ictus
disturbi gastrici
immunodeficenza

ANNULLAMENTO DELLA PERCEZIONE DEI PROPRI BISOGNI
patologie non curate
influenza
polmoniti
infezioni cerebrali
stili di vita insalubre



giovedì 21 novembre 2019

CAREGIVER FAMILIARI A MI MANDA RAI TRE




Si è parlato di Caregiver Familiari a Mi Manda Rai Tre.
Pur con tempi ristretti si è riusciti a delineare un quadro abbastanza veritiero della nostra condizione di grave deprivazione dei diritti più elementari.
Nostra e dei nostri familiari con gravi disabilità.
                                                       
PRIMA PARTE


SECONDA PARTE


TERZA PARTE






venerdì 7 giugno 2019



Handylex

Reddito di cittadinanza: verso il ricorso collettivo

HandyLex.org ha dedicato ampio spazio all’analisi su pensione e reddito di cittadinanza in relazione alle persone con disabilità. Rispetto alle disparità sollevate si segnala la concreta iniziativa di ENIL Italia che sta raccogliendo adesioni per uno specifico ricorso collettivo.
L'introduzione del  reddito di cittadinanza e la pensione di cittadinanza ha suscitato forti aspettative nelle persone con disabilità e nelle loro famiglie. Si auspicava che le due nuove provvidenze avrebbero rappresentato un supporto per le persone con disabilità che vivono in condizione di povertà assoluta.
Di fatto l’impianto della norma contiene alcuni elementi che trattano meno favorevolmente i nuclei in cui siano presenti persone con disabilità rispetto agli altri. Si vedano sul punto le analisi di HandyLex.
Fra gli indicatori adottati come criteri per l’accesso a reddito e pensione e per calcolare l’importo delle due provvidenze, c’è anche quello reddituale che conteggia anche le pensioni e gli assegni per invalidità civile, cecità, sordità, pluriminorazioni, anche se non comprese nell’ISEE.
L’effetto meno equo è che le persone con disabilità, pur rientrando nei limiti ISEE e nei limiti patrimoniali, potrebbero rimanere escluse perché alcune provvidenze - pensione di invalidità (invalidi totali) o assegno (o parziali) o ad esempio il contributo per il caregiver - fanno sforare i limiti reddituali imposti dalla normativa vigente. In ogni caso le persone con disabilità,  quand'anche ottengano il reddito o la pensione di cittadinanza, dovranno sempre “accontentarsi” di importi inferiori.
Per contrastare questa iniquità e farla sanare, ENIL Italia ha stabilito di promuovere un ricorso collettivo, incontrando il prezioso supporto dell’Avvocato Federico Sorrentino, che già a suo tempo aveva seguito un’analoga iniziativa in giudizio contro il computo delle provvidenze assistenziali nell’ISEE, costringendo il Legislatore a modificare la norma.
Per attivare il ricorso collettivo è sufficiente che alcune persone con disabilità o loro familiari che hanno subito quella disparità di trattamento aderiscano fornendo la relativa documentazione e più precisamente: copia della domanda di reddito o pensione di cittadinanza; esito della domanda. Sarà necessario ottenere tutta la documentazione con una semplice richiesta di accesso agli atti. ENIL Italia spiegherà bene come fare a chi è interessato.
Chi sono è potenzialmente interessato?
  1. le persone con disabilità e i loro nuclei che sono titolari di pensione o assegno di invalidità o i nuclei che hanno ottenuto contributi non soggetti a rendicontazione (es. caregiver in alcune regioni) e che hanno ottenuto il reddito di cittadinanza inferiore alla cifra massima attribuibile al nucleo di quella numerosità (ciò accade praticamente sempre).
  2. le persone che, pur rientrando nei limiti ISEE, nei limiti patrimoniali, sono state escluse perché superano limiti reddituali a causa dell’importo della pensione di invalidità civile (circa 3800 euro).
Chi rientra in uno di questi due gruppi può aderire al ricorso collettivo.
Chi è interessato o vuole avere maggiori informazioni può contattare info@enil.it

7 giugno 2019
Carlo Giacobini
Direttore responsabile di HandyLex.org